giovedì 31 marzo 2011

Incipit improbabili: Io e mio gemello

Mia madre, una tedesca di Amburgo corpulenta, alta e in buona salute, dalla pelle leggermente rossastra, capitata in Italia per il rocambolesco acquisto di due asini, si era scelto con cura il compagno con cui passare l'età della piena maturità sessuale: un uomo piccolo e scuro, abruzzese, per pochi centimetri non proprio un nano, cuoco, di dieci anni più grande di lei, che a letto copriva la misura giusta da un bottone all'altro del piacere, procurandole nel montarla orgasmi da marea-in-piena e impennate di godimento sui capezzoli che sprimacciava con la sua boccuccia.
Fu durante uno di quei momenti di tripla estasi che io e mio gemello fummo concepiti.
Starete immaginando quale mostruosa sintesi possano aver concepito un piccoletto scuro e un donnone bianco-rosso: non sprecate sfiati di fantasia. Io e mio fratello siamo il frutto di due spermatozoi vincitori a pari merito, che anziché dividersi il premio si sono guadagnati un uovo ciascuno: e noi pii, per massima equità, siamo venuti fuori uno alto, atletico e biondo, l'altro scuro, peloso e con le gambe corte.

mercoledì 9 marzo 2011

Albania/Italia: INTERVISTA A RIDVANA LACEJ

 
5 marzo 2011


C. Ridi, cominciamo da domande fondamentali: sei abbastanza contenta di te e della tua situazione di vita?
R. Dipende cosa si intende per situazione di vita… Sono contenta quando mi vedo realizzata come madre, ma non sono contenta quando penso che le mie ambizioni lavorative erano ben diverse.
       
C. In quale città sei nata? Dove vivi ora?
R. Sono nata a Shkoder, una città bellissima in nord dell’Albania e  ora sono a Matelica nelle Marche. Vivo in Italia da 15 anni.

C. Il tema del “ritorno nella città natale” come si manifesta nella tua vita e nei tuoi pensieri?
R. Nella mia vita si manifesta come necessità e nei miei pensieri come un sogno da realizzare ad ogni costo.

C. Perché hai scelto l’Italia? Secondo te era nel tuo “destino”? Ti è mancata la forza di tornare in Albania o un motivo importante ti tiene qui?
R. Penso che era nel mio “destino”… non avevo mai pensato prima d’allora di decidere d’affrontare una situazione simile. Mai! Non mi è mai mancata la forza di tornare in Albania, solo che qui mi sono nati due figli e penso che per adesso per loro è meglio l’Italia. 

C. In che cosa la cultura albanese e quella italiana sono simili?
R. Siamo vicini di casa e poi nei secoli ci siamo frequentati a vicenda e così abbiamo potuto influenzarci uno con l’altro, ma io sinceramente non trovo così tanto uguali queste due culture. Forse le fasi della storia che abbiamo passato sono proprio diverse.

C. Sotto quali aspetti di costume e mentalità trovi l’Italia molto diversa dall’Albania?
R. Su tanti aspetti… noi non ci scordiamo facilmente la famiglia d’origine; ci teniamo alla nostra lingua e alla nostra cultura; l’orgoglio è una caratteristica molto importante per noi e a volte viene scambiata per prepotenza; siamo un popolo molto affettuoso e aperto, intelligente e con la voglia di andare avanti, ospitale e generoso… questo non vuol dire che siamo meglio degli italiani o, peggio ancora, che gli italiani non sono tutto questo, ma semplicemente che noi abbiamo delle idee diverse su molti aspetti di vita.

C. Ti è mai capitato di inseguire un’idea che poi si è rivelata una semplice manifestazione di debolezza o di limitata conoscenza?
R. Sì! Venire in Italia, che poi ha rivelato una limitata conoscenza. Avevo conosciuto l’Italia solo tramite le belle trasmissioni della tv.

C. Descrivi la tua giornata.
R. Inizia molto presto con il caffè a letto che mi porta mio marito, albanese :-), poi la colazione ai figli… Eger frequenta lo scientifico e parte per primo e poi Iris che fa la seconda elementare. Accompagno la bimba a scuola e poi vado anche io a scuola. Lavoro come facilitatore linguistico, presso le scuole medie. Mi piace; poi è il mio mestiere. Io nasco come professoressa in un liceo scientifico al mio paese. Dopo il lavoro comincia la mia giornata da mamma e moglie. Siccome il lavoro che faccio a scuola non è poi così  soddisfacente a livello economico, a pomeriggio faccio la babysitter. Fortunatamente i figli sono molto indipendenti nello studio. Poi la sera tutti a cena a mangiare (io sono una cuoca molto brava!) e a raccontare la giornata, chi di più (io ed Iris) e chi di meno (Ylli e Eger). Dopo cena io faccio 10 minuti di fb :-) e poi a letto con Iris a leggere finché il sonno non arriva. Vedo poca tv. 

C. Cosa pensi quando vai a letto?
R. Cerco di non pensare tanto, mi concentro nella lettura, ma a volta mi faccio delle domande sul presente e sul futuro mio e della mia famiglia.

C. Hai amici albanesi in Italia? Hai abbastanza amici italiani? Hai un pezzo di famiglia qui?
R. Sì ne ho qualcuno, ma sono pochi, visti i lavori diversi che facciamo. Certo che ho tanti amici italiani. Della famiglia non ho nessuno, né dalla famiglia di mio marito, né dalla mia.

C. Che cosa non ti piace dell’educazione dei bambini in Italia?
R. Vedo che purtroppo manca il senso del limite in tanti aspetti della vita di un bambino.

C. In che cosa ti senti più forte di una donna italiana?
R. I think globally! Io ho un’altra visione della vita e del futuro, ho gli orizzonti molti aperti visto che sono stata io a fare il primo passo verso l’apertura, cambiando paese e cultura. Mi sento più razionale di tante donne. 

C. Come sarà l’Albania fra 10 anni? Ci sarà molto turismo? La gente sarà più ricca?
R. Qui potrei dire tante cose, potrei esprimere tanti desideri, potrei dare tanti suggerimenti, ma solo una cosa mi piace dire: basta poco per far diventare l’Albania un paese ricco e sviluppato, perché l’Albania è un paese meraviglioso sia per la natura che per la gente.

C. Scrivi una frase in albanese, un proverbio o la strofa di una canzone (con la traduzione):
R. Guri i rende peshon ne vend te vet! (La pietra pesante, pesa al suo posto!) 

C. Che cosa ti fa invecchiare dell’Italia? E cosa ti dà speranza?
R. Mi fa invecchiare il fatto che qui non c’è la cultura dell’altruismo e c’è tanta incertezza per il futuro. Mi dà speranza il fatto che i miei figli vanno molto bene a scuola e così possono costruire un futuro dignitoso tramite lo studio, anche se la vedo dura. Poi sappiamo tutti che un bel po’ di fortuna non guasta mai.

C. In quale altro Paese ti piacerebbe cercare lavoro e abitazione?
R. Non lo so. A me non piace molto ricominciare. Se proprio devo, mi piacerebbe unirmi a mia sorella in Canada.

C. Come hai imparato l’italiano?
R. Da sola e poi per il lavoro che faccio ho seguito dei corsi, poi sono molto pignola… sono sempre con i libri e con i dizionari in mano.

C. Quali momenti sono stati particolarmente difficili?
R. Quando ero incinta di mio figlio e non avevo nessun aiuto: né morale né economico.

C. Quando ti manca l’Albania cosa fai?
R. Sento la musica albanese e vedo le foto delle vacanze fatte là.

C. Tirana sembra essere una città molto attiva. Ce la descrivi?
R. Anche a me sembra essere una città molto attiva, visto che è una metropoli, ma io da 15 anni non la vedo. Ho degli amici che mi raccontano e veramente a me spaventa un po’ il caos e le due facce di questa città. Da una parte il lusso sfrenato e dall’altra la povertà assoluta di tanta gente. 

C. Hai chiesto la cittadinanza italiana?
R. Sì, ma è passato tanto tempo e ancora niente… comunque mio marito e miei figli sono diventati già cittadini italiani da un anno.

C. Cosa vuol dire “casa” per te?
R. Casa per me vuol dire il calore di chi ti ama e che ami profondamente.

C. Che cosa dovrebbe conoscere ogni italiano dell’Albania?
R. La sua storia fatta di sofferenza e sangue. La sua cultura ricca. La sua voglia di essere e di andare avanti. La sua capacità di sopravvivere ad ogni evento disastroso.

C. Quale preconcetto sull’Albania ti ferisce molto?
R. Mi ferisce molto il preconcetto di paese povero e insignificante.

C. Cosa provi quando in televisione i politici parlano degli immigrati senza sufficiente rispetto?
R. A volte mi fanno arrabbiare, ma anche ridere, perché vedo che la loro superficialità di affrontare un fenomeno del genere è veramente inaccettabile. Spesso per loro l’immigrato è la persona che ha bisogno solo di cibo e vestiti… la dignità non conta.
 
C. Regalaci la foto di un momento in cui ti sei sentita felice…
R. I momenti belli della mia vita sono tanti e sono insieme con la mia famiglia. Non posso regalarvi una foto visto che i miei figli sono minorenni e io ci tengo molto a loro.

Grazie Ridi.
                                                                                                          

E-mail del 9.3.2011

C. Ridi, non ricordo più come ci siamo conosciute: vorrei scriverlo nell'intervista. Mi piacerebbe anche che mi spiegassi il significato del detto: Guri i rende peshon ne vend te vet!, che hai tradotto “La pietra pesante, pesa al suo posto!”

R. Io ti ho conosciuta tramite un tuo scritto... non mi ricordo, forse da qualche amico in comune... ma mi sei molto piaciuta e ti ho mandato l'invito su facebook.
Il significato del detto lo spiego anche in un mio articolo che ho pubblicato su un giornale, te lo manderò. Si dice così quando una persona cambia posto e per essere conosciuta, rispettata e voluta bene deve fare un segno nel posto dove è, praticamente deve passare tanto tempo. Fai la prova: prendi una pietra o un sasso che sono stati sempre in un posto e spostali, vedrai che per fare un segno così profondo ci vorrà tanto tempo. Questo detto casca a pennello su di me. Un abbraccio GRANDE. Ridi.