Sino a quando potrò stare qui nella baia sotto la luna
radioelettrica senza disintegrarmi in
particelle gassose di buio primordiale?
Il fianco della montagna respira insieme agli animali
predatori, manifestandosi dal buio all’ultimo momento. Non è il suo cuore che
percepisci, ma involontari cedimenti nella tenuta, una fonte che suda, un sasso
che si stacca. E la montagna intera è ben oltre la capacità dei sensi, molto
più grande e dolorosa, indifferente nella sua abitudine ai millenni.
D’improvviso una civetta lancia un grido misterioso;
lo perde fra i rami, lo ripete; lo frantuma contro la montagna.
È freddo, ma il corpo non sente aggressioni; solo il
liquido lunare fa paura, quando l’acqua si ferma. Allora lo splendore stridulo
diventa orribile. Pure la montagna trattiene il fiato.
C’è una presenza con me di vedetta.
Non sai da quanto tempo noi siamo qui, a cercare di
dimenticare.
Chiedilo alla civetta.
Presso la luna il senso d’inquietudine cresce come una
marea, ma dietro c’è solo buio. Non sappiamo dove andare, e il buio non finirà.
La luna, vedi, questa luna è orribile. È un’altra luna.
C’è stato un fruscio. L’ho avvertito nettamente, anche
se era lì dietro e non potevo
guardare. Ce ne sono altri, oltre noi.
L’acqua è un essere attivo. Sta montando le mie
memorie con una lucida intelligenza. Le onde si appiattiscono, man mano che i
ricordi vengono dimenticati. La montagna respira affianco.
Ora non fa più male. Io ho quasi dimenticato tutto e
forse il trattamento è finito. Vorrei
dirti di stare dove sei il più a lungo che puoi.
Da quanto tempo aspettiamo? Il tempo è la struttura
più dura da sradicare. Forse è per questo che ancora non vengono. Fisso
l’orizzonte, non ho altro da fare ed è l’unica cosa che conta. Quello che ci
sta facendo quell’occhio fisso, petroso e stridulo è terribile. È tutto così
indifferente. Gli altri sono solo presenze. Siamo qui nella baia e non possiamo
intenderci in alcun modo.
Questa però non è calma. Non è neanche tristezza. Non
è notte perché non c’è stanchezza. Non è sogno perché non c’è sonno. Non è
natura perché non ha radici. È solo il trattamento.
Chi fossi dall’altra parte non lo so più e per loro
non ha più importanza. Per me naturalmente sì, l’aveva. Ma adesso c’è tutto
questo buio e dovrebbe fare freddo qui nella baia, ma non si può sentire niente.
Ognuno qui ha una presenza affianco. Si sentono degli zoccoli schiantarsi nell’emisfero della baia, dei gorgoglii rapaci.
Il trattamento deve aver avuto dei buchi perché improvvisamente
ho ricordato qualcosa e ho sentito una fitta molto forte e un dolore. Ho
ricordato i colori. Dall’altra parte c’erano tutti quei colori, tutte quelle
vibrazioni sovrabbondanti.
Lui era sempre accanto a me e quando ho cominciato a
ricordare queste cose ha mosso un po’ la testa, che aveva sempre tenuta fissa
verso l’orizzonte. Laggiù c’erano tutti quei drammi.
Laggiù c’era l’amore.
Quando ho detto nella mia mente questa frase, come se
fosse un altro a parlare, ho chinato il capo sconfitto. Ho ricordato un momento
in cui andando incontro a una persona che mi sorrideva, ho sentito riverberare
un forte calore come un bagliore dolce. Stendevamo le braccia orientando le
mani, come se fossero antenne per sentire. Ogni cosa amavo di questo essere, la
forma che le molecole avevano preso partecipando al suo insieme, il modo in cui
i muscoli della bocca contribuivano ad espanderne il sorriso, e le mani giovani
del neonato che s’era fatto uomo. Non c’è confine fra un amore e il costante
pericolo di morte. Adesso so che eravamo chiamati per il dramma, e che era una
grande scena.
Tutto quel tendere, e sperimentare, quell’accendere e
quel partecipare, era questo che volevano. L’umanità. La guerra che non ha
compreso la perdita. Bastava ricordarsi dei colori.
S’è fatto uomo per patire sulla terra delle passioni.
Vorrei dirti di stare dove sei, perché non avrai molte
altre occasioni. Il tuo dramma è il colore che ti è stato assegnato.
Ed è il più bello per te.
Qui non c’è rumore, perché nessuno chiama i compagni.
Nessuno mi chiamerà, nessuno si muoverà per cercarmi.
Laggiù c’era la compassione.
Sai immaginare una notte senza temperatura? Un freddo
senza sofferenza? L’altrove è molteplice, ma ovunque non potrai trovare il
sole.
Sono arrivati dall’orizzonte scivolando sul liquido
lunare. Le barche erano strette e lunghe, e loro sottili e senza volto. Quando
arrivano non c’è tempo per pensare, è l’ora.
Come senza peso sulla barca è salita anche la guida
che aveva vegliato con me sull’orizzonte, un cavallo bianchissimo rilucente.
Per un attimo che non aveva tempo un vortice di panico
mi ha risucchiato. Ho un’altra occasione sulla Terra, un’altra vita da patire.
Ma nell’aldilà non potrò ricordare
questa lastra liquida dove si viene portati infine, la baia dell’attesa. Laggiù
tutto è dimenticanza, abbaglio del sole, abbondanza.
3 aprile 2014
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