lunedì 31 gennaio 2011

VOCI - D. e C.

- Sì vediamoci! Io purtroppo mi sposto poco da F. in questo periodo, sia per ragioni lavorative (appunto stiamo aspettando che il progetto possa partire), sia per ragioni finanziarie... tra poco sarò sull'orlo della povertà :-)

- La soglia della povertà, la conosco bene: è uno stato che, se dura poco, può insegnare molto. Ma a lungo andare intristisce. Non ci si può muovere. Non si guardano più le vetrine, né i manufatti dell'uomo, perché non li si può acquistare, e così piano piano anche i vini, i pasticcini in vetrina, gli itinerari di viaggio, le calze di moda, le scarpe in saldo, le locandine del cinema, i libri in promozione, Wagner finalmente al teatro lirico... Si diventa indifferenti a tutto. Ci si indurisce, la giornata diventa senza consolazioni. Si deve restare in casa per non spendere: anche il biglietto della metropolitana diventa una voce di spesa insostenibile. Non si compra più il giornale, non si va alle mostre e naturalmente neanche in pizzeria, si aspetta che qualcuno si accorga dell'indigenza non manifesta e faccia un invito, un regalo. Se si hanno degli spiccioli si compra qualcosa ai bambini, perché loro abbiano ancora un senso di possibilità, di non privazione.
Ecco cosa è la povertà di una trentenne: io l'ho conosciuta quest'anno in Italia.
Se almeno mi trovassi in un posto bello, se almeno la natura mi potesse consolare, con i colori e i profumi; se almeno gli amici fossero più vicini e con loro potessi condividere una spaghettata serale: mi sentirei comunque ricca.