martedì 21 dicembre 2010

Il nido dei ragni: motivazione

Cara, che bella lettera mi hai scritto, di te mi dici veramente tante cose. Capisco perfettamente come ti senti, e, come te, provo rabbia verso questo Paese che sta facendo sfumare la nostra vitalità, avvilendo le forze di noi trentenni. Noi salteremo, amica mia, a pie' pari la vita, se continuiamo così; sono i ventenni che prenderanno il timone. Forse era il nostro destino, quello di mollare le convinzioni di crescita continua, di reggere la voltata di pagina. Per questo insisto molto sulle questioni spirituali: dobbiamo essere preparati ai crolli. Per non vivere le contraddizioni dobbiamo abbandonare le idee che abbiamo continuato ad inghiottire da bambini: che avremmo studiato a lungo e certamente ottenuto un buon lavoro con cui guadagnare bene, per comprare una bella casa, bei mobili e tanta tecnologia. Naturalmente c'è chi vi è riuscito. Ma la massa di noi trentenni boccheggia e prova l'umiliazione di farsi mantenere dai genitori. Avrebbe poi senso come progetto una copia della vita della generazione passata? Dico che è attraverso di noi che passa la crisi di un sistema di convinzioni, e noi dobbiamo reggere lo strappo. Vedere, cioè, già l'oltre, l'alternativa. Altrimenti ci affossiamo, affondiamo.
Il problema è allenarsi a vedere un'alternativa al momento invisibile. Questa è la cosa più difficile. Non riesco a comprendere come io, la mia generazione, possiamo ancora incidere. Siamo destinati solo a reggere il passaggio da una società tradizionale a una fluida? Non c'è un po' di gloria in vista per noi?
Scrivi: "Questa situazione ha offuscato tutti i miei obiettivi, tanto che io non so più in fondo chi sono e in che direzione sto andando". Lo stesso smarrimento ci accomuna. Purtroppo ti devo dire che l'avevo già vissuto dopo la laurea, più di dieci anni fa: e ora il medesimo stato si è ripresentato, ci sono inciampata di nuovo. Allora avevo cercato di evadere e trovato in Francia un uomo tedesco abbastanza pazzo da portarmi via da dov'ero (avevo avuto per otto anni una relazione con un ragazzo più grande di me che come unica prospettiva aveva di comprare l'appartamento sotto quello dei genitori) e lasciare tutto per me. Sono rimasta incinta dopo pochi mesi ed è cominciata l'avventura, da Lille a Lecce a Berlino, dopo due anni è arrivata la seconda figlia. Quell'uomo si è rivelato poi inadeguato e mi ha fatto anche molto male, ma lo ringrazierò sempre, non solo per i figli, ma perché allora mi ha fatto uscire da una situazione di blocco, di vicinanza nociva con i miei genitori. Mi sentivo vecchia a 25 anni, perché respiravo l'energia stantia, conservatrice e immobile di quella casa. Ricordo che mi guardavo le gambe e pensavo che si stessero gonfiando per la cattiva circolazione. Lui mi ha portata a Bruxelles, in Svizzera, mi ha trascinata nella vita vera. 

A volte penso all'India o a paesi emergenti dell'Africa. Non posso però sradicare così i miei figli. Allora immagino di tornare a Berlino, di ricominciare da lì. O di aprire in Puglia un centro di yoga, meditazione e musica di campane tibetane solo per bambini, con una piccola biblioteca e una fattoria su modello olandese. Una vera sfida culturale. La vita al momento è tutta in testa, nelle idee, nei polpastrelli che scrivono nel formato web 2.0.
A proposito del blog, stavo pensando che ci ho messo sei anni dal parto, e un anno dall'allontamento da Berlino per scrivere "le mie memorie". Prima, per qualche ragione, non riuscivo. Ora mi manca l'ultimo tabù: scrivere di questa situazione con i miei genitori, del grottesco che vivo ogni giorno. Penso che solo così potrò purificarmi: quando tutto sarà via, messo in distanza, usato come materiale da scrittura. Allora i pensieri marci non stagneranno più. Per questo non dormo stanotte: voglio provare a mettere questa bruttura sotto le dita.


Cinzia