domenica 17 ottobre 2010

Carla Lonzi (Firenze, 1931 - Milano, 1982)

Da Sputiamo su Hegel (1974)

[...] Prendendo coscienza dei condizionamenti culturali, di quelli che non sappiamo, non immaginiamo neppure di avere, potremmo scoprire qualcosa di essenziale, qualcosa che cambia tutto, il senso di noi, dei rapporti, della vita. Via via che si andava al fondo dell'oppressione il senso della liberazione diventava più interiore. Per questo la presa di coscienza è l'unica via, altrimenti si rischia di lottare per una liberazione che poi si rivela esteriore, apparente, per una strada illusoria ("Significato dell'autocoscienza nei gruppi femministi"). Per esempio, lottare per il domani, un domani senza condizionamenti per la donna, un domani così lontano che neppure noi ci saremo. L'uomo ha sempre rimandato ogni soluzione a un futuro ideale dell'umanità, ma non esiste, possiamo però rivelare l'umanità presente, cioè noi stesse. Nessuno a priori è condizionato al punto da non potersi liberare, nessuno a priori sarà così non condizionato da essere libero. Noi donne non siamo condizionate in modo irrimediabile, solo che non esiste nei secoli un'esperienza di liberazione espressa da noi. [...] La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà. L'uomo non è il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna. La donna è l'altro rispetto all'uomo. L'uomo è l'altro rispetto alla donna. L'uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. Identificare la donna all'uomo significa annullare l'ultima via di liberazione. Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell'uomo perché è invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza. La donna come soggetto non rifiuta l'uomo come soggetto, ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario. Finora il mito della complementarietà è stato usato dall'uomo per giustificare il proprio potere. Le donne sono persuase fin dall'infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona "capace" e "responsabile": il padre, il marito, il fratello... L'immagine femminile con cui l'uomo ha interpretato la donna è stata una sua invenzione. Verginità, castità, fedeltà, non sono virtù; ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. L'onore ne è la conseguente codificazione repressiva. Nel matrimonio la donna, privata del suo nome, perde la sua identità significando il passaggio di proprietà che è avvenuto tra il padre di lei e il marito. Chi genera non ha la facoltà di attribuire ai figli il proprio nome: il diritto della donna è stato ambito da altri di cui è diventato il privilegio. Ci costringono a rivendicare l'evidenza di un fatto naturale. Riconosciamo nel matrimonio l'istituzione che ha subordinato la donna al destino maschile.
[...] L'uguaglianza disponibile oggi non è filosofica, ma politica: ci piace, dopo millenni, inserirci a questo titolo nel mondo progettato da altri? Ci pare gratificante partecipare alla grande sconfitta dell'uomo? Per uguaglianza della donna si intende il suo diritto a partecipare alla gestione del potere nella società mediante il riconoscimento che essa possiede capacità uguali a quelle dell'uomo. Ma il chiarimento che l'esperienza femminile più genuina di questi anni ha portato sta in un processo di svalutazione globale del mondo maschile. Ci siamo accorte che, sul piano della gestione del potere, non occorrono delle capacità, ma una particolare forma di alienazione molto efficace. Il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere. È per sventare questo possibile attentato della donna che oggi ci viene riconosciuto l'inserimento a titolo di uguaglianza. L'uguaglianza è un principio giuridico: il denominatore comune presente in ogni essere umano a cui va reso giustizia.
[...] In questo nuovo stadio di consapevolezza la donna rifiuta, come un dilemma imposto dal potere maschile, sia il piano dell'uguaglianza che quello della differenza, e afferma che nessun essere umano e nessun gruppo deve definirsi o essere definito sulla base di un altro essere umano e di un altro gruppo.