venerdì 8 ottobre 2010

Perché non bisogna mai leggere la cronaca nera

Le parole hanno un precipitato emozionale.
Se leggo "uva fragola" ricevo immediatamente un'impressione settembrina di dolcezza molle, di blu e di viola, di mosto fragoloso; forse arrivo anche a sentire la risalita della piccola bolla di succo che respira dall'acino piccato, assieme al ruvido minimo suono del raspo che l'abbandona: come aprendo una botte lillipuziana.


Se invece leggo il resoconto di uno stupro di branco, di un omicidio, di un pomeriggio di paura in stile Arancia Meccanica, ricevo impressioni penosissime e nocive.
Il precipitato emozionale della cronaca nera è un deposito di scorie e tossine che si sedimentano a livello spirituale: se l'anima fosse fatta di cellule, direi che una parte delle cellule risulterebbe contaminata, malata.
Leggendo la cronaca nera, inoltre, si alimentano gli istinti più bassi, presenti in noi come memorie ancestrali.
Non vi è mai capitato di leggere il resoconto di una violenza e di avvertire dei lampi nel basso ventre, effetto dell'eccitazione delle fibre più perverse, e di pensare contemporaneamente che se il cronista si è tanto soffermato su quei dettagli è per un suo torbido piacere?


Secondo la mia teoria, dunque, questo precipitato emozionale, che insieme sedimenta basse emozioni e risveglia quelle ancestralmente depositate, è anti-igienico, come anti-igienico sarebbe respirare col naso attaccato al tubo di scappamento di un'auto.


Bisogna, perciò, astenersi dal leggere il più piccolo trafiletto di cronaca nera. Questo significa ignorare la cronaca nera? No, significa semplicemente non alimentarla.
Per rispondere all'esigenza di igiene mentale leggete piuttosto di arte, di storia; leggete narrazione; soprattutto, per ben ossigenarvi, leggete quotidianamente poesia.