mercoledì 6 ottobre 2010

Vi racconto il mio viaggio astrale

A Berlino in quei mesi del 2009 frequentavo un corso di Bikram Yoga; facevo il digiuno settimanale per provare la forza di volontà sul fisico; leggevo testi sull'operatore di luce, sperimentando l'efficacia di quel concetto nel cambiamento di qualità dello sguardo sugli altri, soprattutto i vicinissimi altri che ci accompagnano nei viaggi in metropolitana.
E poi a novembre cominciai le meditazioni con un maestro formatosi per lunghi anni presso il Light Institute del New Mexico. Questo è il resoconto della prima e della seconda seduta.

1. 
A mezzogiorno ho preso il treno e ho raggiunto Potsdam: A. era alla stazione ad aspettarmi.
Mi ha guidata in semplici esercizi di respirazione. Regolarmente mi chiedeva se mi distraessi, se sentissi in qualche punto dolori o sensazioni spiacevoli, o se vedessi colori. Quando mi ha invitata ad andare con l'attenzione nella pancia, qui è emersa una sensazione spiacevolissima, un senso di angoscia. A. mi ha chiesto di descrivere questa sensazione e gli ho detto che era senso di vuoto; ho aggiunto anche "è di genere femminile". Credo che il mio commento fosse in qualche modo collegato all'immagine di me come donna, o a mia madre. A. mi ha fatto quindi andare con il pensiero alla testa e lì la sensazione non c'era più. Era come se portandola in testa venisse sigillata. La testa però cominciava a dolermi in vari punti. A. mi ha invitata a concentrarmi su questi punti e lì improvvisamente ha cominciato a prodursi spontaneamente tutta una serie di immagini. Ho visto che nella mia testa c'era uno spazio nero mobile, con della luce blu in movimento ellittico. Questa luce nera e blu si avvolgeva poi in spirale e si sollevava sempre più, sino a fuoriuscire non dalla fronte, che rimaneva dura come uno scudo, ma dalla parte superiore della testa, all'altezza della fontanella, dove scompare il confine osseo. La luce nera e blu si propagava libera oltre la mia testa, sempre più su. A questo punto la trasformazione è venuta anche nella fronte, che ha cominciato ad emanare una luce verde: questa si è propagata volgendosi indietro sino a raggiungere l'altra luce, quella nero-blu. La luce che veniva fuori si sviluppava enormemente, sino a formare una cresta. Ho detto ad A. che vedevo una testa di drago. Lui mi ha chiesto cosa provassi. Gli ho detto che il drago mi dava forza, ma che ero certa che appena fossi uscita dalla stanza mi sarei sentita schiacciata: potevo chiaramente vedermi aprire quella porta bianca e sentire che tornavo a pensare di non farcela nella vita. Allora lui mi ha detto di riprendere l'immagine del drago: questo si è ingrandito e trasformato, è diventato come un dinosauro, con placche grandi e robuste. A. mi ha suggerito di immaginare che tutto il mio corpo diventasse drago, dalla testa alle spalle alla pancia alle gambe. L'ho fatto e ho cominciato a sentirmi sempre più forte, sinché A. mi ha detto di immaginare che il drago si espandesse da me a tutta la stanza. La cosa strana è che mentre lui mi chiedeva questo, l'immagine della testa di drago si trasformava diventando drago alato, pieno di placche verdi sino alla coda, e poi il drago alato diventava un'aquila con ali enormi, simili a una membrana nera, come un lenzuolo che copriva tutto quello che c'era; l'aquila ha cominciato ad allargarsi, espandendosi in tutta la stanza. Ad un certo punto ho sentito un calore fisico liquido, una sensazione di benessere bruciante: ho avuto l'impressione che il drago avesse inglobato pure il mio maestro. Quando A. mi ha detto di riaprire gli occhi, io ho fissato a lungo i suoi occhi, ho detto: "Ero da un'altra parte", e li ho richiusi subito perché quel "da un'altra parte" era bellissimo.

*

2.
Dopo la prima seduta di meditazione sono sì più seria, concentrata, ma anche capace di umorismo, come se la capacità di giocare con le parole per analogie fosse legata alla libertà dello spirito, alla genialità (piccola o grande) sciolta.

Arrivati nello studio, abbiamo sistemato le coperte e ci siamo seduti.
Abbiamo cominciato con due respirazioni, e poi ho dovuto scegliere un punto del mio corpo su cui concentrarmi. È stato molto difficile all'inizio rimanere con l'attenzione su quel punto in mezzo alla fronte, mi venivano tanti pensieri legati alla scuola e temevo che non sarebbe andata bene come l’altra volta; ho percepito come la scuola mi tolga leggerezza.
A. mi ha invitata ad osservare tutti i sentimenti, i pensieri o i colori che mi venivano in mente: il principio è che tutto va accettato e osservato, senza giudicare; dobbiamo essere grati per le nostre emozioni, che, costituendo sistemi di difesa, ci permettono di sopravvivere.
Ho detto ad A. che non vedevo niente, non sentivo niente: nessuna immagine, e soprattutto nessuna gioia. Ogni tanto il mio "sentire niente" scivolava verso la tristezza, un pozzo di lacrime veniva quasi risvegliato, poi tutto si richiudeva.
Sinché A. mi ha invitata a ringraziare il corpo che mi fa essere quella che sono ("Wer Du bist"), che per 33 anni mi ha portata, mi ha protetta, come pure hanno fatto le emozioni. Quando ha detto "Wer Du bist", Chi sei tu, dentro di me è risuonata una grande tristezza.
Chi sono IO.
Il pozzo di lacrime è risalito bruciando dalla pancia verso l'alto, si è fermato sulla fronte e particolarmente sull'occhio destro. A. mi ha chiesto cosa sentissi, e io gli ho detto che alla parola DU, TU, io mi sono sentita senza riconoscimento, ho sentito che per nessuno ero un TU speciale. Lui è andato ancora più a fondo e mi ha chiesto quale immagine fosse collegata a questo: io mi vedevo come una ragazzina messasi in un angolo, sola, che guardava gli altri da quel canto, aspettando che qualcuno si accorgesse di lei. Al che A. mi ha chiesto: "Cosa manca a questa ragazzina? Un colore, un sentimento, cosa?". Io ho risposto: "Le manca il giallo, la gioia". Allora A. mi ha detto di collegarmi con il profondo universo, di cercare lì il giallo, di immaginare una scia di luce liquida, che dal vasto universo mi raggiungesse, e di visualizzare me passare questa luce alla ragazzina. La visualizzazione è stata molto bella, piano piano la tristezza si è sciolta, la fronte è tornata libera. A. ha voluto sapere come mi sentissi e io ho detto che avevo potuto fare qualcosa per la ragazzina, ma la ragazzina era ancora nell'angolo da sola. Allora A. mi ha chiesto (domanda fatale!): "Vuoi tenere con te questo sentimento di non essere speciale per nessuno o vuoi metterlo da parte?". Io ho risposto che volevo metterlo da parte. Mi ha chiesto ancora: "Sei pronta a separartene ora?" - la scelta! Io ho detto di sì. Allora lui mi ha fatto concentrare di nuovo sull'universo, nel punto in cui avevo attinto alla luce gialla, e qui è successa una cosa straordinaria. A. continuava a parlare, ma ad un certo punto IO NON C’ERO PIÙ: NON ERO PIÙ NEL MIO CORPO. Tutto è partito da una sensazione fisica: ho avvertito la schiena non più tesa, anzi leggera, le braccia formicolanti, quasi non più presenti; poi il cuore ha cominciato a battere fortissimo, sempre più forte, rimbombava nelle orecchie. Ad un certo punto ho percepito come se il corpo si allungasse: il busto si estendeva verso l'alto, e io cominciavo a staccarmi, ero sempre più su, più su e nel profondo, sinché non sono diventata un unico punto, un punto nell’Universo buio: un ATOMO DI CONSAPEVOLEZZA.
Ero nell’Universo, non più nel corpo, ed ero libera. Ero libera da tutto, sia dal corpo che dalla mente, non esistevano più i pensieri, non esisteva la fisicità, nell’universo non c’erano nessuna cosa e nessun altro, solo io che ero un punto nel buio, ed ero libera e felicissima. Sentivo che la faccia mi si deformava in un sorriso, mi veniva da ridere forte, e non riuscivo a trattenermi, non controllavo più i muscoli tanto era forte l'energia di quel punto. Ad un certo momento ero così "fuori", così esaltata nella libertà assoluta, nell'unione perfetta con il vero nucleo puntiforme e nudo di me, che ho gridato, ho detto ad A. che non c’ero più, che non ero più là, e lui continuava a parlare quasi richiamandomi giù, ma io non volevo, sapevo che potevo stare lassù, là dentro, quanto tempo volevo, e non volevo tornare, la faccia era tutto un sorriso. Ero sicurissima di me. Alex però mi richiamava, sinché non mi ha detto di riaprire gli occhi. Io non l’ho fatto subito: c'era un tale benessere nella leggerezza del corpo e nell’assenza di pensieri! Ero stata un punto di coscienza, un unico punto di coscienza gioiosa, che non aveva bisogno di nessun altro in quell’universo buio. Quando ho aperto gli occhi devo aver avuto una faccia stranissima, continuavo a ridere. E poi ho chiesto ad A. come avesse fatto a indurre quell'esperienza. Lui mi ha ripetuto due volte di non aver fatto niente, di non possedere "poteri" speciali. "Tu l'hai fatto".
Ciò vuol dire che io posso accedere a questa esperienza e a queste sensazioni ogni volta che voglio. Una volta che questa esperienza è fatta, rimane per sempre in memoria, ha detto.

Ho provato la liberazione dalla mente, dal rumore di fondo; la liberazione dal corpo teso; la liberazione dalla pressione del tempo umano; la liberazione dalle memorie di dolori personali o più antichi; la liberazione dalla malattia; la connessione con una dimensione di una qualità (assoluta, pura, potente) a cui siamo imparentati.

Da allora non ho più paura della morte. Vado per cimiteri a salutare chi ci ha preceduti, chi ora è libero, chi ora è già beato.